sabato 11 settembre 2021

Silenzio autistico - Arriva Leonardo (Ottava Parte)



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L’imprevedibile è sempre dietro l’angolo.

Ogni genitore con un figlio autistico lo sa bene.
Una delle cose più ansiogene e assurde è sempre stato “il seguito”.
Ovviamente non parlo della gestione dell’autismo.
Quella è difficoltosa e ansiogena a priori. Con il tempo infatti impari a gestire il tutto, e a trovare una sorta di equilibrio che in qualche modo ti permette di vivere, o nel peggiore dei casi “sopravvivere”.
“Il seguito” è tutto ciò che scaturisce dopo il primo figlio.
Nel nostro caso Daniel è il primogenito.
Anna e Marco hanno dedicato i primi 5 anni di Daniel a comprendere, equilibrare, capire.
Entrambi hanno assimilato tante cose, tra le crisi isteriche, i pianti e i continui passi indietro dopo alcuni successi che facevano ben sperare.
Daniel non poteva restare solo. Mia sorella e mio cognato sentivano il bisogno di diventare nuovamente genitori, e donare a Daniel un fratellino.
Un fratellino con cui condividere tutto.
Questo “tutto” però pesava come un macigno.
Per quanto ci si possa sforzare, sai benissimo che il futuro fratellino/sorellina avrà sulla schiena una responsabilità enorme.
Nonostante tutto, la responsabilità di un fratello disabile ricade quasi sempre in modo verticale sui fratelli.
Che a dirlo così sempre brutto, anche egoista. Ma in realtà fa parte del ciclo della vita.
Io ho badato a mia sorella, nonostante la mia tenera età. E avrei continuato a farlo, se mai avesse avuto qualsiasi tipo di problema.
E lo farei ancora. Perché così mi è stato insegnato, e perché così la mia anima sente di dover fare.
E’ un sentimento innato.
Qualcuno ha anche detto “Un fratellino solo per tenerlo al sicuro quando non ci sarete più”.
E boom, un colpo allo stomaco tremendo.
Quando non ci sarò più. Una frase che stimola tutta una serie di ansie, di domande tremende, di voragini infinite senza speranza di toccare mai il fondo.
I genitori di un bambino autistico hanno già un carico emotivo così pesante da essere costantemente sull’orlo di cedere.
Accennare anche solo a simili argomenti, li logora e li distrugge ancora di più.
A te, che stai leggendo, ricordati di evitare simili argomenti.
Noi parenti, genitori e nonni lo sappiamo benissimo.
Conosciamo l’incognita del “Dopo di noi”.
Ripeterlo però è come pugnalarci. Contribuisci solo ad imbrunire l’anima.
Un consiglio… EVITA.
Comunque no, non si sceglie di mettere al mondo un secondo figlio perché badi al primo.
Come in una qualsiasi famiglia, si sceglie di donare la vita ad un bambino perché lo si vuole.
Si spera, semmai, che questo possa amare così tanto suo fratello/sorella , da poterlo aiutare ogni qualvolta ne abbia bisogno.
Ma questo è ciò che spera chiunque, giusto?
La stessa cosa vale anche per le persone neurotipiche.

Lo sapevi che per indicare una persona non autistica si utilizza il termine Neurotipico?

Non “Normale” , ne altri termini.
E’ importante , per noi come per chiunque ascolti, utilizzare i termini giusti.
Non che sia un tabù la parola disabile.
Lo sappiamo, ne siamo ben consci. Ma è importante dosare le parole, utilizzare quelle giuste.

Si spera sempre che un fratellino/sorellina possano essere il sostegno l’uno dell’altro in caso di bisogno.

Ebbi modo di parlare molto a lungo, con mia sorella.
Era il suo tarlo principale. Secondo lei sarebbe stato come caricare sulla schiena del nascituro un “fardello” troppo grande.
Con il tempo gli feci capire che avere un fratello/sorella è comunque un impegno costante, indipendentemente dal suo status.
Forse in tempi passati, con le famiglie numerose, l’idea di fratello e sorella era molto spesso “annacquata” dalla differenza d’età e dal numero consistente di persone.
Con conflitti dati da tutta una serie di cose e problemi, spesso futili, amplificate dal tempo e dalla distanza.
Tra la fine di  Ottobre e gli inizi di Novembre 2017  mia sorella annunciò a me e ai miei di essere incinta.
La brutta notizia era però che da lì a poco sarei partito per Torino.
Ciò che mi spaventava, all’epoca,  era soprattutto la mia assenza fisica.
A 1200 km di distanza non avrebbe avuto il medesimo supporto che invece le avevo dato durante e dopo la gravidanza di Daniel.
Ma non era il solo “problema”.
C’era la statistica, il caso, le paure e quel cazzo di destino imprevedibile.

giovedì 9 settembre 2021

Silenzio autistico (Settima Parte)




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Non è facile scegliere un libro da leggere.

Quando si sceglie una nuova avventura in genere si evidenzia il genere, si leggono diverse sinossi e poi ci si butta a capofitto.
La mia sinossi la conoscevo bene, il genere era chiaro.
Mi mancava tutto il resto, tra cui il coraggio di immergermi in un mondo sino ad allora completamente sconosciuto.
Timidamente mi “intrufolai” in alcuni forum che trattavano l’argomento.
Erano dei forum che ora non esistono più, popolati da persone come me e da medici professionisti al servizio di chi “navigava a vista”.
Un servizio completamente gratuito, che mirava a dipanare i dubbi iniziali di chiunque abbia ricevuto una diagnosi di Autismo.
Uno di loro mise a disposizione un manuale teorico sul disturbo dello spettro autistico.
Era un pdf di 360 pagine, da leggere in modo attento e razionale.
Lo scaricai, e lo misi immediatamente in memoria. Così da leggerlo appena possibile sul pc.
In un post in cui si parlava di possibili romanzi sul tema, ne chiesi uno in cui venivano raccontate esperienze diverse. Non sapevo ancora come spiegare quel “diverse”.
Un medico riprese il mio intervento, e mi consigliò “Il bambino che parlava con la luce” di Maurizio Arduino.
Lo cercai subito su Amazon.

“Silvio guarda il mondo racchiuso in un granello di polvere, Cecilia lo osserva attraverso il movimento di una corda. Matteo non gioca con gli altri bambini, ma conosce le radici quadrate. Elia, sommerso da voci, odori, suoni e colori, lotta per trovare la calma interiore. Un viaggio unico e commovente nelle vite di quattro pazienti autistici profondamente diversi fra loro, seguiti dall'infanzia all'età adulta. I drammi e le fatiche quotidiane delle loro famiglie. L'impegno, i dubbi, gli errori e i piccoli grandi successi compiuti nel tentativo di aiutarli.”


In preda ad una crisi di pianto impulsiva, lo ordinai senza batter ciglio.
Chiusi il pc, e andai in camera da letto.
Quella sera ero sfinito, tra un turno massacrante a lavoro, telefonata con mia sorella e mia madre e tutti i lavori da fare in casa.
Abitando da solo, e con un cane di quasi 14 anni , lo stress era tale da poter mettere ko chiunque.
Black salì sul letto dopo 5 minuti.
Una cagnolina meticcia taglia medio piccola, con un pelo nero e folto.
Con la sua tipica dolcezza si raggomitolò vicino a me, trasmettendomi il calore di cui avevo bisogno in quei momenti.
La mia vita sembrava aver preso una strada inaspettata.  Non era la prima volta, ma questa fu decisamente più sterrata e difficoltosa.
Ti senti come su un viale alberato oscuro, con una torcia che non fa luce, e l’oscurità opprimente tutto intorno.
Una sensazione con cui convivere costantemente, finché la conoscenza non riesce a dipanare i dubbi e la foschia.

 La mattina del primo weekend libero lo passai a pulire casa.
Nel pomeriggio, post pranzo da Mamma, mi misi al pc.
Aprì quel benedetto pdf e cominciai a leggere. Unica compagna di quel silenzio? Una tazza di camomilla.

Il concetto di “autismo” ha rappresentato, e rappresenta ancora oggi per una gran parte di persone non addette ai lavori, una condizione misteriosa che costruisce attorno alla persona che la vive un alone di impenetrabilità. Con il tempo la scienza ha fatto chiarezza e ha permesso di individuare l’insieme dei comportamenti che caratterizzano questa condizione. Per un lungo tempo, però, l’attenzione della psichiatria si è concentrata soprattutto sulla tendenza all’isolamento, passando l’idea che tale caratteristica dovesse essere considerata quella di maggiore rilievo nell’autismo. Che vi fosse un’equazione concettuale tra l’autismo e l’isolamento è evidente anche nella parola stessa autismo (autus, dal greco “sé stesso”) che conserva nel suo etimo proprio la tendenza all’isolamento. Come si vedrà in seguito, però, l’idea dell’isolamento, come caratteristica centrale, per ciò che oggi intendiamo per “autismo” è del tutto fuorviante.”


Andai avanti sino a sera, scoprendo cose che mai avrei immaginato.
La mia mente immagazzinava una marea di dati, come fossi un robot.
A volte dovetti rileggere alcuni passaggi, perché troppo complessi.
Guardai l’ora.
Erano le 19.30. Avevo passato un intero pomeriggio a leggere, e avevo le meningi a fuoco.
Un cerchio alla testa simile a quelli avuti durante la meningite.
Misi un segnalibro digitale, feci una doccia e chiamai mia madre.
Quel sabato avrei cenato con loro.
Sistemai Black, mi misi in macchina e via verso Alezio.

“Daniel, guarda chi c’è”
La voce di mia  sorella riecheggiava nelle scale del condominio di mia madre.
Salì le scale con calma, e arrivato all’ultima rampa del terzo piano lo vidi fermo vicino all’uscio della porta.
“Cu cù” dissi sporgendomi leggermente.
Lui mi fisso per pochi istanti, urlò di gioia e rientrò in casa.
Mia sorella lo fissò correre via.
Aveva uno sguardo malinconico, un misto tra il triste e il felice.
Non gli ho mai chiesto cosa pensasse, durante questi momenti.
Alla fine cosa pretendevo? Una “bambina” di appena vent’anni con un bimbo autistico di quasi 3.
Probabilmente a quella domanda mi avrebbe risposto in lacrime.
E sinceramente, di vederla piangere mi ero “stancato”.
Avrei desiderato tante cose per lei. Eppure l’unica cosa certa, e sicura, è sempre stata la stessa dal 1993: RENDERLA FELICE.
Anche se questo significava sacrificare il mio mondo illuminando il suo.
I fratelli maggiori servono a questo, giusto?
Ad illuminare la strada quando la luce del sole viene meno.
L’oscurità dentro me andò via via allentandosi.
Più leggevo, più ne capivo e più diventavo forte con me stesso.
Ora sapevo come stimolare Daniel, il suo mondo, la sua bolla.
Il tempo e l’esperienza mi hanno insegnato tanto.
Credevo che a quasi 30 anni avrei potuto catalogare le mie esperienze su un’unica libreria.
Mi sbagliavo!
Di fatto ho potuto solo riorganizzare uno scaffale, mentre tutto il resto arrivava come un fiume in piena.
L’autismo mi ha fatto capire quanto la vita sia una mina vagante.
Gli obbiettivi non sono punti dove arrivare, ma continui spunti di partenza.
Come in un caleidoscopio mutevole, capace di rendere ogni cosa uguale ma diversa. 

lunedì 6 settembre 2021

Silenzio autistico (Sesta parte)


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Una domanda che spesso mi viene posta, dopo aver raccontato l’epopea iniziale, è “Chi ti ha sostenuto mentre sostenevi gli altri?”.
La risposta è sempre la stessa: Nessuno!
Purtroppo non ho consigli da poter dispensare, ne “trucchi” da poter far provare.
La verità è che in simili situazioni conta tanto l’improvvisazione, un’ottima dose di fortuna, e un carattere così forte da sdoppiarsi.
Sì, la verità è che mi sono sdoppiato.
Una parte di me era il cinico e razionale, l’altra parte piangeva fissando quel piccolo bambino biondo di quasi 3 anni.
Una guerra interna, mentre cercavo di placare quella di chi amavo. Mia sorella e mia Madre.
In simili situazioni si è fortunati quando qualcuno bada alla tua anima ferita, la cura e cerca di chiuderla.
Mentre io ero da solo, in compagnia di quel me stesso che odiavo.
Quel me stesso che dava risposte razionali, mentre l’altro chiedeva semplicemente in modo ossessivo “Perché a noi”.
Il tarlo di qualsiasi genitore resta sempre lo stesso. Una serie infinita di perché senza risposta.
Abitavo da solo, in una casa di circa 90/100 mq.
L’avevo scelta perché inizialmente dovevano esserci anche i miei con me.
Loro poi decisero di restare nel paesino di provincia, mentre io continuai il mio cammino solitario in una città che conoscevo solo perché sede del mio posto di lavoro,Casarano
Questa città mi ha sempre affascinato.
Situata quasi in mezzo alla parte più a sud del tacco d’Italia. A metà tra lo Jonio e l’Adriatico.
Nel punto più alto, situato sulla collina della “Madonna della Campana”, si riesce a vedere benissimo la vicina Taviano, e il Mare di Mancaversa.
Ho visto una serie interminabili di tramonti da lì, mentre asciugavo a me stesso le lacrime.
Avevo costantemente emozioni contrastanti.
Di fronte a me l’infinito di una terra bellissima, dentro le limitazioni dettate da qualcosa che non sapevo comprendere.

Daniel è un figlio.
Mio cognato lo sà, e ne è fiero.
Inizialmente credevo gli desse fastidio questo mio amore incondizionato.
Invece è sempre stato felice del mio rapporto con suo figlio.
Daniel ha rappresentato una svolta, nella mia vita.
Da bambino ho amato e cresciuto mia sorella, essendo più piccola di 7 anni.
Mia madre era costantemente a lavoro, ed io ben presto presi coscienza delle mie responsabilità.
Sono stato fratello e genitore. Era quasi scontato che Daniel avesse le medesime attenzioni da parte mia. Come un dolce proseguo che solo un papà riuscirebbe a donare.
Sono, e spero di essere sempre,un sostegno “rafforzante”.
Il tirante di un infinto  ponte pieno d'amore.

Quando tornai a casa, quel giorno di Dicembre, venni assalito dallo sconforto.
Presi un cuscino e iniziai ad urlare fortissimo mentre soffocavo le urla.
Di fronte a mia madre e mia sorella non avevo potuto avere segnali di debolezza.
Ero da solo, in quella casa così grande e vuota.
Avrei voluto donare parte della mia vita per poter risolvere quelle limitazioni.
Una diagnosi di autismo ti cambia.
E non importa se tu sia uno zio, un nonno o un genitore.
Sai che la vita non sarà esattamente come quella degli altri.
Ti aspetti sempre il meglio del meglio.
E quando arriva la botta, è come prendere un treno a 1000 kmh in faccia.
Nei giorni successivi mi ritrovai ad ordinare e leggere libri sull’argomento.
Quando alla fine arrivai su un libro che cambiò il modo di vedere l’intero nuovo panorama che mi si era parato davanti.

L'intercapedine del mio destino

L'anima è l'essenza modellabile che governa il cuore. E' così che vedo il mio essere. Forgiato dall'esperienza, dagli errori...