mercoledì 11 aprile 2018

La paura che non ho



Se dovessi descrivere la paura, disegnandola, lo farei in modo atipico.
Strapperei una tela nera con la punta di una forbice, e sui contorni tagliati passerei un filo di colore rosso.
E’ questa , la paura. L’incognita che delinea assenze e mancanze. L’ombra che inghiotte la luce, trascinandola in uno spazio siderale senza ossigeno.
La paura ha tante sfaccettature. Può essere indotta, scaturita o creata senza alcun apparente motivo. Ho avuto paura, in passato.
Avevo paura di tanto, e forse di tutto.
Avevo paura di non essere parte di qualcosa. Di essere il contorno, al limitare di un mondo non completamente inclusivo.
Ero come perso, affannato. Rincorrevo la debole apparenza, perdendo pezzi di vita, attimi singolari e silenzi confusi.
Avevo paura di non essere amato, avevo paura di amare.
Avevo paura della diversità, dei colori, delle situazioni , di me stesso.
Da bambino la paura mi ha portato ad una sorta di chiusura ermetica.
I mondi immaginari erano più sicuri. Ricchi di storie fantastiche, principi e principesse. Di stelle luminose, scale in discesa e campi di fiori gialli immensi.
La paura era comunque lì, dietro una porta socchiusa.
Non saprei dire quando ho cominciato a sentirmi stretto, nella stanza fuori dalla realtà.
Però saprei descrivere l’attimo in cui ho sentito l’incombente necessità di spalancare la porta, e affrontare il buio oltre tutto.
La mia mano strinse , per la prima volta, l’amore e la vita stessa.
Il mio cuore di ragazzino adolescente, fece un balzo così grande da spaccare letteralmente il muro, ignorando la porta.
Perché è sempre così. La paura è tanto stretta quanto è grande la voglia di superarla.
E quando lo fai, devi necessariamente farlo con tutta la potenza e il coraggio che hai in corpo.
Ho conosciuto la paura, e l’ho affrontata a muso duro.
Ho gridato senza che nessuno mi ascoltasse, ho pianto senza che nessuno mi asciugasse le lacrime. Ho corso senza che nessuno mi inseguisse.
Alla fine , seduto al limitare di una pineta in riva al mare, ho colorato con le dita il mio domani. Proprio lì, dove prima c’era il buio, ora si stagliava un tramonto violaceo.
Con un sole tiepido e leggero riflesso sul mare. Sulla mia anima.

Non ho più paura. 

La diversità è un modo alternativo di vedere il medesimo paesaggio.
Cambiano i colori, ma tutto resta radicato alla più elementare delle cose: LA VITA.
Che sia un’Etnia, una carnagione, il colore dei capelli, la mano con cui si scrive, la religione che ti guida, l’orientamento sessuale , un amore finito.
L’unica cosa che conta è la vita. La propria vita.
Il resto è un ricamo bellissimo e  dalle trame complesse, atto ad arricchire la dolce coperta del mondo: NOI.

       Non avere mai paura.
La paura è solo un limite da colorare semplicemente con un sorriso.



Gabriele Librando







L'intercapedine del mio destino

L'anima è l'essenza modellabile che governa il cuore. E' così che vedo il mio essere. Forgiato dall'esperienza, dagli errori...