martedì 17 agosto 2021

Se non ci sentiamo... fa niente!

 


Quante volte abbiamo discusso o, peggio ancora litigato, con persone a cui volevamo bene?
Innumerevoli, direi.
Alla base di molte discussioni, specie nell'adolescenza (ma non solo), c'era la classica frase "Non ti fai sentire, quindi non mi faccio sentire".
Come se il "farsi sentire" fosse un bisogno impellente per poter dimostrare la propria amicizia.
Come se il  "farsi sentire" dimostrasse pienamente un sentimento (in teoria) già consolidato, come potrebbe essere un'amicizia.
Quando esisteva solo la carta, gli unici mezzi di comunicazione erano le lettere.
Un fiume di parole impresse con l'inchiostro, e personalizzate dalla grafia di chi scriveva.
Si donava ogni speranza al francobollo, immaginandolo come un carro trainato da cavalli, in corsa verso il destinatario. 
I tempi di tali comunicazioni erano incalcolabili. Una sorpresa che poteva arrivare in qualsiasi momento. 

Successivamente si è passati ai telefoni di casa, anche se proibitivi in termini di costo.
Poi arrivò il declino.
Se nell'epoca dei telefoni cellulari GSM il "farsi sentire" era rappresentato da squilli random ed sms con sole emoticon in Ashi ,l'avvento dei primi smartphone ha dato il via ad una presenza online costante e quasi asfissiante.
Senza contare gli allert passivi sullo status della persona in oggetto: Se sei online, quando lo sei stato e addirittura l'ora.
Per carità, lungi da me dal giudicare il progresso tecnologico (che utilizzo e apprezzo), ma questa serie di "innovazioni" hanno creato situazioni tossiche, al limite dello "stalkeraggio" (passatemi il termine).
Ma sopratutto hanno in qualche modo rimosso i paletti stabiliti dai vecchi sms, fissandone di nuovi molto più invasivi.
E il "farsi sentire" è diventato immediato e "pericoloso".
Lo dico senza alcun problema: "Sento" le persone quando so di poter raccontare qualcosa di nuovo, e non per "Pro forma".
Non amo le conversazioni lampo in cui ci si saluta, si fanno (e si danno) le solite risposte di rito, facendo morire poi il tutto con un laconico "👍😃".
"Sento" le persone perchè voglio parlare con loro. "Sento" le persone perchè voglio rilassarmi, sorridere,raccontare".
Capita poi che con alcuni amici, vivendo a kilometri di distanza, non ci parli saltuariamente.
E magia delle magie, quando li rivedo è come se ci fossimo visti ieri.
Detto fra noi, non esiste alcuna magia. Si tratta molto semplicemente di maturità.
Si rimane amici anche non sentendosi.
Molto semplicemente la stima che due o più persone nutrono l'uno nei confronti dell'altro, alimenta un fuoco difficile da spegnere.
Sarebbe inutile , quanto deleterio , mandare messaggini inutili.
La maturità ti porta a capire che per qualcuno ci sei sempre, anche nei silenzi.
L'importante è esserci quando il tempo e le situazioni lo richiedono.
Non ci sono regole fisse. Ci siamo quando dobbiamo esserci. Senza alcuna restrizione o regola.

E alla fine , se non ci sentiamo... fa niente!

Quando ci rivedremo, sapremo cosa dire. 

mercoledì 11 agosto 2021

Lo specchio che non riflette

 



Cosa fare quando uno specchio non riflette?

Quando non riflette ciò che idealizziamo, ciò che ci aspettiamo.
Molto semplicemente.... Niente!
In passato la disperazione era onnipresente, quando lo specchio non rifletteva.
In realtà, quello a non "riflettere" ero io.
Lo specchio era l'immagine distorta di me stesso. Quella che volevo imporre.
Non riflettendo, lasciavo alla rabbia e alla frustrazione il resto.

Dopo un periodo da bulimico, e anni di anoressia, ho cominciato a riflettere.
Il riflesso fù chiaro per la prima volta, ma continuava a non riflettere ciò che volevo.
Con il tempo ho imparato ad amare il riflesso, a riflettere e sentirmi in pace.
Lo specchio riflette, e rifletto anche io.
Basta solo questo.
Riflettere su se stessi è il primo passo per vivere.
La riflessione altro non è che uno spunto verso cose belle.
Quelle cose che di riflesso emanano luce, e non più l'oscurità.

lunedì 9 agosto 2021

Assimilare il dolore per andare avanti


                 © Illustrazione di Carla Manea per Ibby Italia


La nostra esistenza è l’insieme di un  continuo e perpetuo  ciclo diviso in tre parti: Inizio, giro, fine.

Ogni esperienza, ogni singolo momento vissuto, fa parte di questo ciclo.
L’amore , così come la natura  della vita stessa, fanno parte di questo ciclo.
Ribellarsi non serve, perché non siamo costretti da nessuno.
La ribellione non comporta mutamenti, ma solo nuovi cicli.
Scegliere una nuova strada chiude automaticamente il precedente ciclo, aprendone uno completamente nuovo.
Il dolore rappresenta la voragine che impedisce la fine.
La sospensione su un vuoto apparentemente incolmabile.
Il futuro appare come avvolto dalla nebbia, il passato invece troppo evidente e "presente".
C’è chi dice che bisogna affrontare il passato, per avere una speranza.
Una piccola luce capace di filtrare la fitta nebbia.
L’affronto costituisce una battaglia. Una battaglia che rischia di diventare una guerra in grado di annientarci.
Ciò che è passato è passato.
Non è codardia, ma semplice costatazione.
Non abbiamo mai bisogno di affrontare qualcosa, per poterla sconfiggere.
Abbiamo dalla nostra la miglior soluzione: ASSIMILARE.
Assimilare il dolore ci porta a capirlo, a comprendere meglio l’insieme.
Assimilare significa redigere un resoconto degli eventi, analizzarli analiticamente.
Una volta compreso quel ciclo lo si ripone come si fa con i libri già letti.
Solo così tutto sarà concluso.
La voragine sarà colmata dalle pagine scritte, una brezza nuova dipanerà la foschia e la luce ricomincerà a filtrare.
Assimilare significa comprendere.
Il dolore diventa così parte del ciclo, formando l’importante fondamenta su cui costruire il prossimo.
Come monito di ciò che fu, e base di ciò che sarà.
Indipendentemente dal tempo.

L'intercapedine del mio destino

L'anima è l'essenza modellabile che governa il cuore. E' così che vedo il mio essere. Forgiato dall'esperienza, dagli errori...