Sono fratello,zio,papà.
Un papà "sanguigno", di cuore, di bene, d’amore.
Ho compreso la vita, nel suo essere circolare e discontinuo, già dall'infanzia.
Le molte cicatrici , dettate da lotte a difesa del prossimo, hanno temprato il mio carattere.
Sono cinico quanto basta per non lasciarmi trasportare dalle emozioni forti.
Riesco ad essere introspettivo, ed analizzo le situazioni in modo analitico. Cerco di capire , punto per punto, lo schema preciso che muove una determinata situazione, tentando di comprenderla appieno.
So però che alcune situazioni potrebbero non avere una logica precisa, o in linea con altre sue simili.
Daniel è nato nel 2012, il 5 Maggio di una primavera dai sapori estivi.
Ad Anna si ruppero le acque nella notte, e alle prime luci dell'alba fu
effettuato un cesareo d'urgenza.
Alle 8.30 del 5 maggio 2012 stringevo tra le mani il mio primo nipote.
Il legame fu immediato. Come quando incroci lo sguardo di qualcuno che sai amerai
per sempre.
Non era la prima volta.
Diciannove anni prima , l'8 Maggio 1993 alle 8.30 del mattino, andai in
ospedale con papà.
In braccio a mia madre c'era mia sorella. Arrivammo in ritardo , Anna aveva
appena finito la poppata, e un'infermiera la stava portando via.
Ebbi l'occasione di vederla per la prima volta , ma solo per pochi minuti.
Piansi in modo incontrollato, quando la portarono via. Fu qualcosa che feci
istintivamente. Molti fratelli maggiori, specie se piccoli, attivano un
meccanismo di gelosia nei confronti del nuovo arrivato.
Io non sono mai stato geloso. Fui protettivo sin dall’inizio.
Avevo poco più di 6 anni.
Negli anni successivi fui io ad occuparmi di lei. Un bambino di 8/9 anni che
bada ad una bimba di 7 anni più piccola.
Gli preparavo da mangiare, la lavavo, gli cambiavo il pannolino, la portavo in
giro.
Non esistevano smartphone. Eravamo io, lei e la piccola Alezio.
Alezio, la città che ha dato i natali ad entrambi.
Una ridente cittadina del sud Salento, a circa 5 km da Gallipoli e a 36 km dal
capoluogo.
2013/2014
Frequentavo la casa di mia sorella in modo
assiduo. Daniel era il mio principale pensiero.
Ogni volta che arrivavo, era una festa. Baci, abbracci, sorrisi.
Ero solito spronarlo in attività ludiche di ogni genere.
Sin da piccolo ho cercato di attivare la sua fantasia , comprando delle
generiche costruzioni.
Proprio le costruzioni sono diventate il pilastro portante delle attività di
Daniel.
Quasi come se quel determinato gioco rappresentasse per lui la mia persona.
Nonostante il mio spronare , sentivo ci fosse qualcosa di strano.
Lo vedevo nel volto di mia sorella , quando le chiedevo di eventuali progressi
verbali.
Daniel diventava sempre più grande, e sempre più chiuso in una sorta di bolla.
Bolla che , di tanto in tanto, solo io e i suoi genitori riuscivamo a rompere.
Decisi di indagare meglio, interpellando con la dovuta cautela Google.
I primi risultati, dopo aver descritto quelli che ritenevo essere dei sintomi,
non furono dei migliori.
Quella sera, chiusi in lacrime il pc, sperando che nulla di ciò che avevo letto
fosse reale.
Intanto i dubbi di mia sorella aumentavo giorno per giorno.
Io ascoltavo ogni suo pensiero, ogni singola preoccupazione. Cercavo di
analizzare insieme a lei ogni singolo aspetto comportamentale di Daniel,
sperando fosse solo una fase transitoria della normale crescita di un bambino.
Mentre io sostenevo e cercavo di aiutare mia sorella, i suoi dubbi e paure
venivano demoliti da terzi.
Mentre io cercavo di rendere i suoi fantasmi tangibili, ed eventualmente facili
da sconfiggere, altri la credevano pazza.
Durante
un pranzo domenicale, accadde ciò che temevo.
Una professionista, che da tempo lavorava nella Onlus “Amici di Nico” ( Matino
– Lecce) , si avvicinò a Daniel per giocare.
Lo fissò come si scruta uno scrigno chiuso, ma ricoperto di diamanti
scintillanti.
Prese da parte mia sorella, e chiese un paio di cose sul bambino.
Seppur con le dovute cautele, spiegò ad Anna che i comportamenti stereotipati
di Daniel, e la mancanza di contatto visivo in primis, potevano avere un solo possibile
nome: Spettro autistico.
Ad Anna cominciò a girare vorticosamente il mondo. Ogni singolo dubbio, paura o
ansia, si era palesata in tutta la sua pesantezza.
Ci fù consigliata una visita urgente presso un noto Neuropsichiatra infantile
di Lecce, il Dottor Angelo Massagli.
Mia sorella mi chiamò in tarda serata, con una voce rotta dalle lacrime,
chiedendomi se ero disposto ad accompagnarla.
Non esitai a dirle si, stringendo tra le mani la speranza che nulla di ciò che
temevo potesse riguardare colui che a tutti gli effetti era un figlio, prima
che nipote.
FINE PRIMA PARTE
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